• Mostra Oltre le Stelle il 26 settembre l’inaugurazione

    On: 20 Settembre 2022
    In: Eventi, Mostre
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  • La Battaglia di Lepanto nella storia di Tropea e della Calabria

    On: 4 Ottobre 2021
    In: Eventi
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  • Un caffè nel deserto

    On: 19 Maggio 2021
    In: Eventi
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  • Pasquale Lettieri live Il Salotto di Milano

    On: 19 Maggio 2021
    In: Eventi
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  • THEO VAN DE GOOR ‘VISIONS AND DEMONS’

    On: 13 Maggio 2019
    In: Mostre, News
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    Visions and Demons’ è la prima personale italiana dell’artista fiammingo Theo Van de Goor, che include incisioni a puntasecca, oli e sculture ready-made.

    Ispirato alle favole e ai miti, l’epopea fiabesca di Theo Van De Goor racconta la storia dell’eterna lotta dell’uomo tra bene e male.

    _____________________________________________

    Theo van de Goor è un artista olandese ispirato a favole, miti e diavoli.  Cresciuto in una fattoria in un piccolo villaggio di fede cattolica romana nella parte meridionale dei Paesi Bassi, Theo popola il suo lavoro di animali, demoni e creature mitologiche.

    Ha dipinto se stesso come un missionario arrabbiato, come un soldato romano, come un indiano americano e come un demone. Ha realizzato incisioni su se stesso come Beelzebub e Apollyon. Dalle nature morte alle scene mitiche, bibliche e classiche e ancora alle favole e agli autoritratti, il suo lavoro racconta l’eterna lotta dell’umanità tra il bene e il male.

    “Dato che ero il più giovane di quattro fratelli, non mi hanno mai voluto nelle loro avventure; ero troppo lento, quindi sono rimasto a casa e presto il disegno è diventato il mio mondo.

    Una volta chiesi a mia madre di disegnarmi qualcosa così da poterne imparare. Che cosa? Un cane. Oggetto del mio desiderio. Lì sulla carta volò in rapida successione un punto per un occhio, una linea per la coda, e improvvisamente un piccolo cane prese vita. Sono stato sopraffatto!

    Da allora, l’amore per il disegno non mi ha mai abbandonato.”

    THEO VAN DE GOOR
    VISIONS AND DEMONS’
    Curatore: Stefania Minutaglio
    Contributo critico di:  Prof. Pasquale Lettieri

    11 [HellHeaven] Art Gallery
    11 Maggio – 05 Giugno 2019
    Via Giulia 103/A  Roma IT

    Links:
    https://11art.gallery/2018/11/06/theo-van-de-goor/
    https://www.artsy.net/show/11-hellheaven-visions-and-demons

    11 [HellHeaven] LLC

    Registered Office: 478 E Altamonte DR 108-450, AltamonteSprings, FL 32701
    Showroom in Roma:Via Giulia 103/A  Roma, IT
    Showroom in Miami2200 Biscayne Blvd Miami, FL
    Opening Time: Tue to Sat
    11 a.m. to 6 p.m. or under appointment

    Owner and DirectorStefania Minutaglio
    Art DirectorDaniele Belardo
    Sales Manager: David Ascoli

    Phone: Rome +39 06 4521 4974  | Miami +1 305 434 4081
    General inquiriesinfo@11art.gallery
    Presspressoffice@11hellheaven.it
    Showroom in Romaroma@11art.gallery
    Showroom in Miamimiami@11art.gallery

    Fonte: OneMagazine.it

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  • Auditorium al Duomo di Firenze – dal 13 al 28 Aprile

    On: 10 Aprile 2019
    In: News
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  • Lucio Fontana: Oltre la materia

    On: 9 Aprile 2019
    In: Mostre, News
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    Continua fino al 14 aprile la mostra di Lucio Fontana al Metropolitan Museum di New York. On the threshold, Lucio Fontana. Sulla soglia, il titolo della più importante retrospettiva negli ultimi quarant’anni dell’artista negli Usa. La tempestività è fondamentale nella determinazione delle sorti di una vicenda complessa come quella dell’arte, che appartiene al sistema dell’economia e della cultura, in quanto superato quell’attimo favorevole, tutto lascia     il tempo che trova ed anche l’invenzione, più intelligente diventa sterile. Questo accade, appunto, alla mostra di Lucio Fontana, On the threshold, proprio nel momento in cui si registrano, per sue opere sul mercato internazionale, quotazioni a due cifre, in milioni di euro, inimmaginabili, fino a poco tempo addietro. Opere presentate in modo mirabile nelle sale espositive del Metropolitan Museum di New York, colore nero, rosa, oro, rosso, bianco, giallo, in cui sono rappresentate tutte le tipologie del suo lavoro inventivo, sculture, ceramiche, quadri su tela, in un pieno di tagli, buchi, varchi, da lui inventati, per permettere al suo pensiero formale di entrare nello spazio verticale alla superficie e sperimentare una nuova idea di contaminazione con il tempo, nella sua determinazione di respiro esistenziale, pur rimanendo all’interno di una tradizione artistica consolidata, essenzialmente tonalistica, in cui le sculture sembrano fatte implodere, con un risucchio di sprofondamento che porta nell’inaspettato, nell’imprevisto e i quadri vengono coperti da strati di colore e poi spaccati, lacerati, con colpi netti che dettano un tessuto di discontinuità. Fontana accentua le caratteristiche alchemiche e barocche che avevano già caratterizzato la sua stagione figurativa, a partire dal suo mitico Uomo nero, di fine anni Trenta, confermandosi con l’aspetto estetico delle nuove scoperte scientifiche, scaturite da Einstein, traendone tutte le conseguenze che gli appaiono necessarie nel suo inseguimento dell’ignoto, che non è solo concettuale, ma per lui, essenzialmente visivo.

    La pittura viene sforzata in un ambito di pittoscultura, leggibile come fosse un bassorilievo, ma questo lo possiamo considerare un aspetto secondario, rispetto alla sua direzionalità che è quella di penetrare nelle coordinate del sublime, che sono senza misure e senza equilibri formali, che appartengono alla bellezza, di cui lui si ritiene fuori. Le sculture sono lavorate con una sorta di tecnica invasiva, con fenditure che spaccano la pelle della continuità, quasi a volerci entrare dentro, per guadare nel caos di un ignoto, segnando la fine delle certezze poetiche di una temporalità e di una spazialità, superate dalle nuove conoscenze che imponevano la necessità di rompere con la bidimensionalità, lavorando per discontinuità, per salti nel vuoto, concepiti come un itinerarium alla quarta dimensione, quella della durata, che è ritenuta la vera forma delle cose. La sua genealogia linguistica lo pone nell’olimpo degli innovatori, di quelli che hanno coniugato l’originalità, in senso ricco, all’interno della cultura dell’informale, concepito come sistema analitico di una linguistica della monocromaticità, la cui tensione gestuale è fatta di segni finiti e costanti, utilizzarti come elementari alfabetiche dell’essenzialità. Siamo nella linea delle avanguardie, della crisi di tutte le discipline consolidate, come se la scoperta apocalittica del big bang avesse disperso tutto un sapere di teorie e di poetiche, per cui nulla si trova più al proprio posto e tutto tende a separarsi in dimensioni diverse, di concetti spaziali, tra teatrini ed ellissi, fino ad arrivare ad un titolo che può essere di apertura o di chiusura di ogni immaginazione e mi riferisco alla Fine di Dio.

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  • San Gregorio Art Gallery – Elio Cassarà in mostra

    On: 24 Agosto 2018
    In: News
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    Elio Cassarà

    Poetico e pittorico

    Un rosario che si snocciola con emozione ed esercizio rituale di contemplazione e di memoria, nel tragitto di un tempo breve per l’attraversamento delle ere e delle epoche, ma lungo quanto un’esistenza, dall’incedere dello zenith alle prime ombre del crepuscolo della vita di un individuo, di una generazione. Accade negli anni ottanta l’incipit che dura fino ad oggi, in una pendolarità ideale e reale, che non lascia fuori nessun attimo, per caso, ma li associa ad una coniugazione al futuro che comprende l’hic et nunc di questo presente. La mostra “Informale poetico” di Elio Cassarà, si specchia nell’animo eterno dell’Ulisse endemico che vive con noi, attorno a noi, che solo pochi si incaricano di interpretare, lasciando gli stretti vicoli dove non entra mai il sole a Palermo, neri come i colori eterni dell’antro dell’Etna. Fugge Elio ed elegge i suoi compagni visionari e maestri di dubbio, Turcato, Corpora e Foucault dagli spessi occhiali, stringendosi d’intesa con Vedova e Sanfilippo, Afro dalle pose maculate, mentre ribolle in lui tutta una trama alchimista, barocca, romantica, lunga fino all’America dell’action painting e all’Oriente del tachisme, più di ora, tempo eterno del mondo. Ma, per un Oriente ritrovato, subito una New York, dove si sono nutriti, Adolph Gottlieb e Mark Rothko. Quella di Cassarà non è una pittura banalmente naturalistica ma si tratta di uno studio sulla forma che in qualche modo recupera una visione “biologica”, “floreale” e “zoomorfa” riferita più che alle sembianze da imitare ai processi formativi della natura stessa, al suo dinamismo vitale, alla crescita degli organismi viventi, agli spazi di ambienti naturali visti da vicino. Si coglie la lezione delle avanguardie storiche che rompendo con il realismo e il naturalismo invertono il ruolo della natura e del linguaggio trasformando l’arte – come ben specificava Filiberto Menna – da una ricerca sul linguaggio della natura ad una sulla natura del linguaggio. La percezione dello spazio e del tempo proposta dal Cubismo di Picasso e dal Futurismo di Boccioni sono state agli inizi del secolo scorso una messa in discussione dello spazio euclideo e del tempo newtoniano a favore di uno spazio antiprospettico con più punti di vista e un tempo relativo legato al movimento e all’accelerazione. La visione di Cassarà è il risultato di un progressivo allontanamento da una realtà presunta oggettiva, assoluta, uguale per tutti, che ha visto sviluppi sempre più radicali di una modernità estrema. Se la ricerca astratta e informale, geometrizzante e materico- gestuale, ha negato totalmente la rappresentazione e l’interpretazione del vero, un certo informale italiano ha privilegiato una strada più poetica, che ha avuto nello storico dell’arte bolognese Francesco Arcangeli uno dei maggiori teorici e sostenitori. Questa pittura che mantiene viva una espressività appartenente all’arte che non rinuncia all’emozione, sia che si tratti del primitivismo di Giotto, dell’umanesimo di Piero della Francesca, del romanticismo di Turner, del cubismo di Picasso, del neoplasticismo di Mondrian o dell’action painting di Pollock. Cassarà si pone su questa linea di sviluppo dell’arte, che sperimenta nuove forme ma con un atteggiamento non di rottura. Non c’è dialettica fra il passato e il presente ma una continuità, che avvicina gli artisti di ieri con quelli di oggi, capaci sempre di interiorizzare la conoscenza attraverso una percezione, che affina i sensi e la sensibilità. Le immagini sono sempre attraversate da solchi metamorfici, di una natura evolutiva in cui si contaminano il colore e i sogni, in un modo a volte lineare e adesivo, a volte complicato e intrusivo, con un quid visionario che traspare sempre, come in un diario in pubblico, da cui sembra stagliarsi il profilo di Ezra Pound dei Pisan Cantos scritti in una gabbia, “grande” come una gogna. Nel suo viaggio alla ricerca di sé, si è accresciuto il fantasma della mente, che prima scriveva piccoli appunti da taccuino, da sacca del viandante, poi è passato a misure cattedrali, ad una architettura dipinta dove sono rappresentate immagini informi e memorie di sogni. Il tutto è come un codice personale a chiave, che ha bisogno di una ermeneutica, capace di resistere alle tante seduzioni della somiglianza e non lasciarsi scacciare dalle durezze e dalle stranietà babeliche. E Venezia c’è sempre, con le sue sfumature evanescenti, come una protettrice discreta, che si defila, appare e non appare, suggerisce e rassicura, senza essere mai paesaggio o maschera, ma linguaggio sottile, che ha imparato dal mondo, tanto quanto, ha insegnato al mondo, entrando nella post modernità, dopo avere saltato la modernità, a piè pari. Tutto è attuale, in questa disseminata distesa presentata dal corpus di Cassarà, in più di venti opere dove si può trovare tutto, a patto di saper vedere, di trovare uno spirito di contemplazione, senza appiattirsi nel delirio dalla tautologia, dove tutto quello che c’è è lì di fronte a te, mentre dell’altro c’è, sempre, un quid, una trasparenza, il richiamo di una vecchia parete, scaglie di sole e di mare, di cui Elio è maestro e noi una semplice margherita.

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  • Galleria Nea: “Trasparenza e colore” dedicata alle opere di Emblema

    On: 4 Giugno 2018
    In: Mostre, News
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    Giovedì 4, alle ore 19.00, si inaugura presso la Nea (Via Costantinopoli 53 – piazza Bellini 59) la mostra Trasparenza e colore, dedicata a Salvatore Emblema, protagonista della corrente denominata Spazialismo.

    L’esposizione, a cura di Pasquale Lettieri, riaccende l’interesse sul pittore di Terzigno, scomparso nel 2006 a 77 anni. “La vera pittura è nella Natura” diceva Emblema; per essere la realtà stessa creazione e composizione. L’itinerario artistico di Emblema inizia nel 1948, con una serie di composizioni costruite con foglie essiccate, pietre e minerali raccolti alle falde del Vesuvio. Dopo un breve e incompleto corso presso l’Istituto Statale d’Arte di Napoli, si reca a Roma e entra in contatto con Carlo Levi e Ugo Moretti. Nel 1956 realizza la sua prima personale alla Galleria San Marco e comincia a sperimentare l’uso delle tele di sacco per le sue opere.Il mondo del cinema e della moda si interessano alla sua attività: collabora con Fellini e disegna modelli e stoffe per Schubert. Si trasferisce negli Stati Uniti, dove frequenta gli studi di Pollock e Rothko. 

    Tornato in Italiastabilisce una feconda relazione con il critico Giulio Carlo Argan che diventerà suo esegeta e promotore e gli presenterà Lucio Fontana. Questo incontro porta Emblema a riflettere sui temi dello spazio e della materia che fa da supporto alla creazione pittorica.

    Nascono tele di sacco nelle quali, sottraendo alcuni fili della tessitura, si intravede dietro di esse: “Non è più solo superficie e forma – chiariva l’artista – ma volume che esce dalla bidimensionalità e collabora con la luce. È come l’omerica Penelope – continuava – che trova la sua via di salvezza nello sfilare e disfare il già compiuto per restare fedele all’Odissea della pittura”.

    Frase aforistica che rispecchia la suggestione di una pittura modulare che fu coerenza di vita. Nel 1972 rifiuta la cattedra di pittura offerta dall’Accademia di Belle Arti di Catanzaro; riceve una consacrazione definitiva presso la Biennale di Venezia. Seguiranno importanti riconoscimenti presso il Metropolitan Museum di New York, gli Uffizi di Firenze, il Palazzo Reale di Napoli.

     

    Fonte: Repubblica.it

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